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  • Immagine del redattoreSergio Consani

Silvia Romano e la sua libertà




I social si sono imbizzarriti da quando Silvia Romano, 25 anni, laureata e alla sua seconda missione in Africa, è tornata in Italia dopo 18 mesi di prigionia. Quasi due anni in mano a quei rapitori delinquenti, sempre con la paura di essere uccisa da un momento all’altro. Naturalmente, appena è stata vista con abiti musulmani, subito si sono scatenati i benpensanti e l’offesa più carina è stata quella di definirla ingrata. Poi le hanno detto puttana musulmana, che i soldi che hanno pagato per il riscatto (abbiamo le prove?) dovevano andare ai poveri, che è una paracula e via dicendo. Quelli di destra (basta leggere i giornali) gliene hanno dette di tutti i colori, invece di essere contenti di aver salvato una nostra “figlia”. Silvia non è una sprovveduta e una ragazza che, come qualcuno ha sottolineato, “se l’è andata a cercare”, ma una volontaria che sa bene a quello che va incontro. Ma lei è andata e fa parte dell’associazione Africa Milele Onlus che si occupa del sostegno per l’infanzia. Lei ama quello che fa, tanto che aveva anche creato una “Ludoteca nella Savana”. Insomma, una ragazza in gamba, meritevole di essere accolta e ringraziata per tutto quello che ha fatto e che forse farà. Ora, a proposito della sua conversione, siamo sicuri che si sia convertita all’Islam volontariamente o che qualche pazzo islamico glielo abbia imposto? Voi che fareste se vi dicessero: convertiti o ti uccidiamo? Anzi, prima ti torturiamo, ti strappiamo i capezzoli, le unghie dei piedi e delle mani, poi ti tagliamo la testa. Inverosimile? Non credo. Quella è gente peggio degli animali, che non hanno rispetto per la vita, che uccidono nel nome di Dio, anzi, di Allah, che poi è la stessa cosa. Ma Dio non è un’entità guerriera, Dio vuole la pace, il bene, la fratellanza, e pochi lo capiscono. 18 mesi, Silvia torna a casa e dice che adesso si chiama Aisha. Certo, forse anch’io avrei detto che mi chiamo Abdul. Silvia deve riprendersi la vita in mano, correggerla, capire, ristrutturare sentimenti e paure, ritrovare un equilibrio. Convertirsi non è una disgrazia, sempre che uno lo voglia e lo faccia di sua spontanea volontà, e dunque vedremo col tempo se Silvia capirà se glielo hanno imposto oppure no. Avete mai pensato che uno dei rapitori potesse averle detto: “Torni a casa e devi dire che ti sei convertita, altrimenti uccideremo te e la tua famiglia!”. Non potrebbe essere? Io spero che l’intelligence italiana riesca a catturare i rapitori, perché in ogni caso non è giusto pagare un riscatto, altrimenti i rapimenti non finirebbero mai, ma io avrei fatto carte false per riavere mia figlia, avrei venduto un rene, un occhio, un braccio o quello che volete voi pur di rivederla a casa sana a salva. Perciò, chi insulta Silvia è solo un imbecille, un sottosviluppato, uno che non conosce né la propria anima né tantomeno quella degli altri.

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